Questa vastissima categoria di rocce include i due terzi di quelle formanti la crosta terrestre. Una roccia ignea si forma per solidificazione di un magma, una massa fusa silicatica che si forma in profondità fra Mantello Superiore e Crosta Inferiore per parziale fusione di precedenti rocce (a parte i Mantle Plume che si crede si originino nel Mantello Inferiore). La pressione, che aumenta con la profondità, in assenza di fluidi incrementa la temperatura di fusione di un minerale che invece diminuisce se i fluidi sono presenti; visto che anche la temperatura cresce con l’aumentare della profondità, sebbene in condizionali normali in maniera non sufficiente per produrre fusione nella roccia, in presenza di fluidi a grandi profondità avviene la parziale fusione della roccia con la creazione di un magma che risale così verso la superficie.
Gli ambienti di formazione delle rocce ignee, visti in dettaglio nella sezione Tettonica delle Placche, sono:
– margini di placche divergenti
– margini di placche convergenti
– hot spots
– rift valleys
Le rocce ignee si classificano in base al contenuto mineralogico, alla loro tessitura e alle modalità di affioramento. La composizione chimico-mineralogica rispecchia quella del magma originario e delle sue eventuali diversificazioni (vedi oltre) mentre tessitura e modalità di affioramento identificano se il magma ha solidificato in profondità nella crosta terrestre, originando rocce ignee intrusive o plutoniche, oppure in superficie originando rocce vulcaniche o effusive. Due rocce con lo stesso contenuto mineralogico possono essere estremamente differenti se il magma solidifica in profondità o se erutta in superficie.
Nonostante intervengano numerosi fattori chimico-fisici, in prima approssimazione quando un magma si trova nella profondità della crosta terrestre esso risale grazie alla minore densità rispetto alle rocce incassanti che lo circondano alle quali esso cede calore raffreddandosi; le rocce sono però dei pessimi conduttori di calore quindi il raffreddamento è molto lento. Non appena la temperatura del fuso inizia a diminuire, alcuni ioni riescono ad aggregarsi formando nuclei cristallini del/dei minerale/i col punto di fusione corrispondente alla temperatura del magma in quel momento. L’aumentare del tempo a disposizione per il raffreddamento e l’eventuale presenza di elementi volatili nel magma aumentano conseguentemente la possibilità che più ioni, essenziali per l’accrescimento di un determinato minerale, diffondano andando ad aggregarsi a nuclei cristallini già formatisi, accrescendone le dimensioni; se invece il magma sta raffreddando velocemente non ci sarà abbastanza tempo per una buona diffusione e piuttosto che l’accrescimento verrà favorita la creazione di più nuclei cristallini di minori dimensioni. Parallelamente alla cristallizzazione di alcuni minerali avviene una differenziazione magmatica indotta dal fatto che il fuso va mano a mano impoverendosi di quegli stessi minerali che formandosi si sono separati dal fuso così che le sue caratteristiche chimico-fisiche continueranno a variare fino a solidificazione avvenuta; più lungo è il tempo di raffreddamento, più incisiva sarà la differenziazione, così che a solidificazione avvenuta da uno stesso magma originario si saranno formate rocce ignee molto diverse.
Un magma che ha molto tempo per raffreddarsi cristallizza completamente andando a formare una roccia con tessitura granulare denominata olocristallina, con cristalli ben sviluppati e percepibili ad occhio nudo, mediamente della stessa dimensione oppure con alcuni accresciuti in maniera maggiore di altri (i minerali che cristallizzano prima hanno maggiore spazio per svilupparsi di quelli che cristallizzano successivamente); quando la lava si raffredda rapidamente in superficie la sua struttura è composta di cristalli minutissimi e non distinguibili ad occhio nudo ed è nota come tessitura afanitica; un roccia a tessitura porfirica testimonia un magma che ha potuto raffreddare dapprima in profondità, dove si sono formati cristalli di una certa dimensione denominati fenocristalli, per poi subire un raffreddamento più veloce che non ha permesso la prosecuzione dello sviluppo di altri cristalli formando una matrice molto fine, con cristalli impercettibili ad occhio nudo; è possibile che una parta di magma non abbia fatto in tempo a cristallizzare per un sopravvenuto veloce raffreddamento ed in questo caso nella roccia sarà presente una percentuale vetrosa che in alcuni casi compone il 100% del volume come nelle ossidiane con completa tessitura amorfa; inoltre, se gli eventuali elementi volatili presenti nel fuso non hanno la possibilità di effondere completamente rimanendo imprigionati nella massa solidificata, creano nella roccia delle vescicole o bollicine e quindi una tessitura pomicea (le pietre pomici per esempio sono talmente vescicolate che la loro minore densità gli permette addirittura di galleggiare sull’acqua).
Dal punto di vista mineralogico le rocce ignee sono classificate (all’interno del diagramma QAPF) a seconda del loro contenuto di quarzo (Q), alcali-feldspati (A), plagioclasio (P), feldspatoidi (F) e minerali mafici (che contengono composti con ferro e magnesio in percentuali minori del 90%); la SiO2 libera, ovvero che non forma altri silicati, cristallizza in quarzo la cui percentuale permette di distinguere:
Le rocce che contengono una percentuale di minerali mafici maggiore del 90% sono classificate come ultramafiche tra le quali ricordiamo la Peridotite (roccia intrusiva caratteristica del Mantello Superiore) e la Picrite (roccia effusiva particolarmente ricca di Olivina).
Rocce ignee intrusive o plutoniche
Si originano in profondità nella crosta terrestre per il raffreddamento di un magma granitico, prodotto dalla fusione di precedenti rocce della crosta terrestre; il fuso solidifica in tempi molto lunghi, che vanno da migliaia a centinaia di migliaia di anni a seconda del volume e delle dimensioni spaziali dell’ammasso fuso. Questi ultimi parametri permettono di identificare le seguenti strutture di rocce plutoniche:
Rocce ignee effusive o vulcaniche
Quando il magma erutta in superficie, forma e struttura del corpo igneo che si originerà in seguito al raffreddamento non dipenderà più dal rapporto con le rocce incassanti, come per le rocce intrusive, ma dalla viscosità del magma, ovvero dalla sua resistenza a fluire; la viscosità dipende dalla temperatura del fluido, dalla percentuale di SiO2 contenuta e dalla percentuale di gas disciolti; un magma ad alta temperatura e povero di SiO2, come un magma basaltico, è meno viscoso di un magma a temperatura minore e contenuto più alto di SiO2, come un magma riolitico.
Un magma viscoso, quando riesce ad eruttare in superficie, si agglomera quasi subito formando strutture denominate duomi; sempre a causa della viscosità, i gas in esso contenuti non riescono a effondere facilmente così che, nei pressi della superficie, la violenta degassazione provoca un’attività esplosiva che si manifesta con la fuoriuscita dalla bocca del vulcano di un getto ad altissima velocità nei quali i gas trascinano con loro i frammenti di magma di vari dimensioni chiamati piroclasti che a seconda delle dimensioni sono classificati come:
L’altezza delle emissioni a getto può arrivare a diverse decine di chilometri di quota ed espandersi a fungo sulla parte sommitale quando le particelle più fini, come le ceneri, sono soggette alle correnti d’aria che possono spargerle fino a centinaia di chilometri di distanza. Via via che il getto sale perdendo velocità, cala anche la sua capacità di trascinare i frammenti più grossi che ricadono al suolo tanto più lontano dal luogo di eruzione quanto minore è la loro dimensione; i depositi piroclastici formano rocce che possono essere composte da materiali sciolti oppure coerenti, quando i frammenti cadono al suolo ancora parzialmente fusi dando origine a rocce note come ignimbriti. Alcuni tipi di eruzione, legati a magmi molto viscosi, non generano un’alta colonna di gas bensì una colata piroclastica ad alta velocità (o nube ardente) in cui il fluido gassoso mischiato a frammenti di lava incandescente scivolano per gravità lungo i fianchi del vulcano.
Un magma basaltico, molto meno viscoso ed a temperature superiori ai 1.000°C (superiore anche più di 200°/300° rispetto a un magma granitico), riesce a fluire come lava e coprire anche notevoli distanze prima di solidificare; sulla superficie della colata si può formare una crosta solidificata che permettere al flusso di lava sottostante di continuare a fluire e a seconda della morfologia del terreno, della composizione e della continuità del flusso di lava, le strutture effusive create sono molteplici (a corde, a blocchi, a tunnel..). In alcune colate laviche, durante la fase terminale del raffreddamento, le contrazioni nella struttura in solidificazione inducono una caratteristica fessurazione colonnare perpendicolare alla superficie in raffreddamento. Quando l’eruzione avviene in ambiente subacqueo, come nelle dorsali oceaniche, l’elevato shock termico fa si che la parte esterna della colata solidifichi vetrificandosi ed impedendo l’espansione della colata che in seguito a continua pressione dall’interno riesce a fratturare la crosta vetrificata con l’uscita di caratteristiche bolle o cuscini denominati lava pillow, di dimensioni da pochi centimetri a qualche metro e che raffreddano anch’essi molto rapidamente.
I Vulcani.
L’aspetto di un vulcano è strettamente legato alla tipologia di eruzione e di materiale eruttato che a sua volta dipende dalla viscosità del magma; un magma poco viscoso come quello basaltico forma vulcani a scudo con fianchi di debole pendenza mentre uno strato-vulcano, dalla classica forma tronco-conica e fianchi convessi, si forma grazie a cicliche eruzioni piroclastiche ed effusioni di lava.
Le eruzioni vulcaniche sono classificate in:
I maggiori volumi di rocce vulcaniche eruttati in tempi geologici risalgono tuttavia non tanto dai classici vulcani come siamo abituati ad immaginare, quanto da lunghe spaccature della crosta, abbinate a modesti rilievi, dalle quali sono uscite enormi quantità di lava basaltica, molto fluida e in grado di coprire estesissime regioni formando quelli che sono conosciuti come plateau basaltici; episodi come questo sono spesso abbinati a regioni nelle quali è in atto un fenomeno tettonico distensivo, preliminare a una possibile separazione fra placche tettoniche.