Quando una formazione rocciosa (ignea, metamorfica o già sedimentaria) viene sottoposta a fenomeni di erosione fisico-chimici (weathering) e talvolta biologici, se ne ha la disgregazione in tempi variabili a seconda di fattori come composizione e ambiente di esposizione della formazione rocciosa (zona subaerea o sottomarina, clima caldo, freddo, arido o umido, rilevanti e cicliche escursioni termiche nell’arco di periodi ristretti).
L’erosione può essere causata da agenti fisici come l’acqua (anche sotto forma di ghiaccio), il vento, il moto ondoso o di avanzamento e regressione di un ghiacciaio. Un esempio di erosione fisica è il crioclastismo che si verifica in aree con escursione termica elevata dove si susseguono numerosi cicli di gelo/disgelo ravvicinati (per esempio fra il giorno e la notte); l’acqua che si infiltra nelle fessure di una roccia, gelando aumenta di volume esercitando una pressione sulla superficie della spaccatura che si esaurisce quando si rialza la temperatura e l’acqua torna allo stato liquido; questa successione di pressioni e distensioni induce uno stress continuo sulle pareti della spaccatura così che nel tempo si arriva alla frammentazione ed allargamento della stessa con la conseguente creazione di detriti.
Un notevole impulso erosivo, responsabile della generazione di circa il 20% dei prodotti alterati, è indotto da trasformazioni chimiche; queste si manifestano a causa dell’instabilità di rocce e minerali che essendosi formati in profondità in condizioni di maggior temperatura e pressione e minore presenza di fluidi ed ossigeno, tendono a reagire alla ricerca di condizioni più stabili in ambiente superficiale. Il più comune agente di erosione chimica è l’acqua, nella quale sono disciolte quantità variabili di altre sostanze come l’anidride carbonica (CO2) capaci di combinarsi con elementi costitutivi delle rocce (sotto forma di ioni) mandandoli in soluzione e dilavandoli dal luogo originario; altri esempi di erosione chimica sono l’ossidazione e la deidratazione.
L’erosione biologica si manifesta per esempio ad opera delle radici delle piante che crescendo ed insinuandosi nelle spaccature di una roccia esercitano nel tempo una forza molto importante che tende a disgregarle.
Quando una roccia viene attaccata da uno o più agenti erosivi si creano abrasioni, distaccamenti di frammenti e micro fratture che ne aumentano la superficie attaccabile e di conseguenza l’attività erosiva si fa sempre più ampia e incisiva. La composizione di un ammasso roccioso influisce sul tipo di erosione a cui andrà in contro: una roccia granitica, composta principalmente di quarzo stabile in superficie, è meno erodibile di una roccia carbonatica che in climi umidi è facilmente attaccabile dall’acqua. Un ammasso roccioso può essere composto da zone più resistenti al weathering e da zone che lo sono meno, provocando instabilità e distacchi più evidenti; inoltre, un fronte roccioso scosceso risente di una instabilità maggiore nel caso di intensi eventi climatici come le piogge torrenziali che riescono a dilavare e scavare in maggior profondità la roccia esponendola ad un maggiore grado di erosione.
I vari processi erosivi formano detriti di diverse dimensioni e composizione che subiscono quindi la fase di trasporto verso il luogo di sedimentazione, nei pressi o molto lontano dall’area di origine; a seconda della sua composizione e dimensione, durante il trasporto il detrito subisce una trasformazione nel senso di una maggiore maturità che tenderà a diminuirne la spigolosità e la granulometria per attrito con altri sedimenti o per l’intervento di ulteriori processi di weathering chimico e fisico; il grado di maturità di un detrito ne rispecchia il tempo e le condizioni del trasporto.
Il trasporto avviene, anche in compartecipazione, per mezzo di:
La deposizione dei detriti è una fase cruciale della sedimentazione. Quando il mezzo di trasporto non ha più l’energia sufficiente per trasportare un certo tipo di detrito, ad esempio quando la corrente di un fiume diviene più placida, esso si sedimenta (sedimentazione gravitativa); ne consegue che i primi detriti a deporsi sono i frammenti di dimensione/peso maggiore seguiti via via da quelli più minuti che possono essere trasportati per tempi maggiori su distanze anche notevoli. Nel caso di trasporto di ioni in soluzione, questi precipitano e si sedimentano quando il fluido ne è saturo o in particolari condizioni ambientali (vedi oltre). Una volta avvenuta la sedimentazione possiamo riconoscere geologicamente la formazione di una roccia sedimentaria anche se lo stato dei frammenti è ancora sciolto e non consolidato; lo studio degli strati sovrapposti (stratigrafia) è cruciale nella determinazione del contesto geografico/ambientale in cui è avvenuta la deposizione e la comparazione fra strati o particolari successioni di strati è indice dell’evoluzione geologica e climatica tanto dell’area di sedimentazione quanto di quelle originarie dei detriti.
In seguito alla sedimentazione avviene la litificazione che trasforma, in tempi e condizioni chimico-fisiche anche molto eterogenee, la coltre di sedimenti ancora sciolti in roccia sedimentaria concreta; con diagenesi si indicano i processi di litificazione così individuati:
Esaminati i processi che determinano la formazione di una roccia sedimentaria, possiamo suddividere queste ultime come segue:
Rocce sedimentarie clastiche. Sono formate da frammenti disgregati da altre rocce, per lo più silicati, e si dividono secondo granulometria crescente in:
Nella formazione di una roccia sedimentaria clastica avviene spesso una commistione di frammenti di diversa granulometria; per esempio una massa di ciottoli può essere compenetrata da arenarie o argille che vanno a riempire gli spazi interstiziali costituendo la matrice dell’agglomerato la quale a sua volta può essere cementata in seguito al precipitare di elementi presenti nel fluido circolante.
Rocce sedimentarie di origine chimica. Quando avviene un mutamento nei parametri ambientali che permettevano a una certa tipologia di ioni di rimanere in soluzione in un fluido acquoso, questi precipitano come sali andando a sedimentarsi. Una massa d’acqua, meteorica o fluviale, può accumularsi in un bacino dal quale essa non possa raggiungere il mare per assenza di emissari o anche l’acqua del mare in aree prossime alla costa può andare ad accumularsi in zone a scarso ricambio d’acqua denominate lagune evaporitiche (dalle quali l’uomo si è ispirato per la realizzazione delle saline); se nel bacino in questione il bilanciamento fra l’apporto dell’acqua (per pioggia, fiumi immissari o trasgressioni marine) e la sua evaporazione è negativo, via via che quest’ultima aumenta si avrà una concentrazione sempre maggiore degli ioni in soluzione che finiranno per precipitare come sali creando rocce note come evaporiti; queste sono strati di sedimenti identificati ciascuno da un elemento tipico e dal meno solubile che precipita per primo a quelli via via più solubili negli strati superiori. Per esempio nell’evaporazione dell’acqua di mare l’ordine di precipitazione è: carbonato, solfati (prima gessi e poi anidriti) e halite (o salgemma, il più solubile). Altri esempi di rocce sedimentarie di origine chimica sono il travertino (composto da carbonato di calcio) e la selce (composta da silice).
Rocce sedimentarie di origine organogena. Si tratta di rocce formate in ambienti marini o lacustri da sedimenti di origine organica (principalmente carbonatici e silicei) e derivati da frammenti di conchiglie, delle strutture di sostegno di alcune spugne e dai gusci di vari tipi di molluschi e di plancton; alla morte degli organismi avviene la disgregazione di queste strutture che vanno ad accumularsi sul fondo del mare o del lago dove possono subire diagenesi e creare per esempio strutture come le piattaforme carbonatiche organogene. Di origine organogena sono anche le strutture (anche di notevole dimensione come le barriere coralline) costruite dai coralli che sono in grado di fissare il carbonato presente nell’acqua del mare.