Agli inizi del ‘900 Alfred Wegner (geologo e metereologo tedesco) studiando la fisionomia delle coste dei continenti che apparivano coincidere come un puzzle, propose la teoria della Deriva dei Continenti ipotizzando che questi dovessero essere stati uniti qualche centinaio di milioni di anni fa per poi migrare ciascuno fino alle posizioni attuali; ma la sua spiegazione del moto dei continenti al di sopra della crosta oceanica, che implicava una condizione di attrito insormontabile, non fu ritenuta plausibile dalla comunità scientifica e la sua teoria non riscontrò grande successo.
Alla fine degli anni ’60 una nuova teoria nota come Tettonica delle Placche salì alla ribalta venendo largamente accettata dalla comunità scientifica poichè in essa erano accolte numerose evidenze interdisciplinari delle Scienze della Terra come l’attività sismica e orogenetica concentrata in alcuni luoghi piuttosto che altri, gli archi vulcanici, l’espansione dei fondali oceanici, la fusione delle rocce magmatiche e la loro differenziazione, la coevità di paleo-faune e paleo-flore specifiche in continenti al giorno d’oggi molto distanti.
In precedenza, a partire dal dopo guerra, numerosi studi e ricerche avevano approfondito la conoscenza del campo magnetico terrestre e posto basi consistenti sulle quali si sarebbe poggiata la teoria della Tettonica delle Placche:
– Minerali ferromagnetici come la magnetite, piuttosto abbondante nelle rocce della crosta terrestre, se sottoposti a riscaldamento al di sotto della così detta temperatura di Curie (tipica per ogni minerale ferromagnetico, per la magnetite pura è 578°C) possono fossilizzare il campo magnetico presente al momento del loro raffreddamento disponendosi nella sua stessa direzione. Studi simili su formazioni rocciose coeve in varie parti del mondo, hanno però rilevato fossilizzazioni della direzione del campo magnetico che a primo avviso sembrarono discordanti, come se esistessero più poli magnetici terrestri, ma che hanno trovato spiegazione nel fatto che sono i continenti che hanno subito rotazioni e si sono reciprocamente spostati, anche aggregandosi completamente, nel tempo (come già enunciato dalla teoria sulla deriva dei continenti di Wegner alla quale mancava però questa evidenza scientifica).
– Studi su formazioni rocciose prodotte da successive colate laviche sovrapposte evidenziarono che le rocce in alcuni strati avevano fossilizzato un campo magnetico non solo con direzione differente ma anche con polarità invertita; la datazione radiometrica dei vari strati di lava permise di attribuire una scala temporale a queste variazioni nel tempo della direzione (ed inversione) del campo magnetico terrestre.
– Lo studio dei fondali oceanici (attivo già dalla II Guerra Mondiale per consentire di ottenere una topografia precisa del fondo dei mari utile per la navigazione dei sottomarini) aveva rilevato delle particolari, e inspiegabili, anomalie magnetiche; lo studio dei grafici di queste anomalie ha permesso in seguito di confermare che “strisce” successive di fondale oceanico, poste simmetricamente da entrambe le parti rispetto ad una dorsale oceanica, presentavano la stessa anomalia (ovvero avevano fossilizzato lo stesso campo magnetico del momento, risultando quindi coeve) e questo fatto confermò che il fondale oceanico era in espansione a partire dalle dorsali oceaniche dove nuova crosta doveva venire necessariamente prodotta tramite la fuoriuscita di magma.
– Assodata l’espansione dei fondali oceanici, ma data per assurda l’ipotesi che la superficie terrestre stesse per questo aumentando nel tempo, i ricercatori si focalizzarono su come la crosta si sarebbe dovuta necessariamente consumare; la sismologia individuò che lungo i margini di alcune placche, in corrispondenza delle fosse oceaniche, si concentravano la stragrande maggioranza dei terremoti terrestri arrivando a determinare che questi si distribuivano, fino a profondità di 700 km, lungo un piano più o meno inclinato verso il basso, chiamato Piano di Benioff, e che potessero essere provocati dall’attrito fra una placca in sprofondamento al di sotto di un’altra placca (subduzione), così che la prima si consumasse nel mantello al di sotto della seconda.
Un punto fondamentale della Tettonica delle Placche è l’individuazione del possibile “motore” che permette alle placche in cui è divisa la Litosfera di muoversi reciprocamente sul mantello: il raffreddamento della Terra. Questo è inteso generalmente come la cessione di calore dal nucleo terrestre verso gli strati più esterni ovvero il Mantello. Questo è costituito da rocce che si trovano ad uno stato plastico, sebbene molto viscoso, ed il calore può trasmettersi verso gli strati superiori in maniera efficace per convezione (migrazione del calore tramite lo spostamento della materia); grazie a questa caratteristica plasticità, le masse rocciose inferiori, più calde e meno dense, dislocano verso gli strati superiori mentre le rocce in alto, più fredde e dense, ridiscendono verso il basso riscaldandosi e alimentando nuovamente il ciclo convettivo; i movimenti ascensionali e discensionali di queste masse rocciose sono incredibilmente lenti ma in tempi geologici riescono a trasmettere alla Litosfera una varietà di stress tali da manifestarsi come movimenti reciproci delle zolle che la compongono.
Come detto in precedenza, la Litosfera è l’involucro più esterno del Globo e comprende la crosta terrestre e lo strato più superficiale del Mantello superiore, per uno spessore massimo di 110 km circa; ha un comportamento rigido e fragile ed è suddiviso in 7 placche principali più altre di medie e piccole dimensioni. Una placca può essere composta di sola crosta oceanica (come la Placca Pacifica), continentale oppure da entrambe. Il calore proveniente dal sottostante Mantello è smaltito dalla crosta terrestre per conduzione, in maniera poco efficace a causa della bassissima conducibilità termica delle rocce, ma in alcune aree della Terra ci sono fenomeni geologici molto rilevanti durante i quali si raggiungono altissime temperature (dorsali oceaniche, vulcani, hot spots); l’interazione fra le placche determina cambiamenti morfologici molto rilevanti a livello regionale e le aree di contatto fra i margini sono sovente sede di terremoti tra i quali i più forti si riscontrano nei casi di subduzione di una placca. I casi “puri” di movimento reciproco fra i margini delle placche sono tre ma nella realtà si osserva una sovrapposizione e concomitanza delle tre possibilità limite.
Quando due margini di crosta oceanica si allontanano vicendevolmente, dalla spaccatura della litosfera fuoriesce il magma proveniente dalla parziale fusione per decompressione di rocce dell’Astenosfera; questa lava basaltica del mantello superiore si eleva isostaticamente sulle rocce più fredde del fondo marino creando ai lati della spaccatura le dorsali medio-oceaniche, continuamente rimaneggiate man mano che viene creata nuova crosta oceanica in espansione; via via che la litosfera oceanica si allontana dalla dorsale essa diviene più fredda e densa sprofondando nell’astenosfera (aumentando così la profondità oceanica) e spessi strati di sedimenti via via la ricoprono; poichè la crosta oceanica viene consumata durante la subduzione, i fondali oceanici hanno un’età relativamente giovane (i più vecchi risalgono a 160 MA). Anche all’interno di una placca continentale può manifestarsi un’azione distensiva della litosfera che, assottigliandosi, cede creando faglie normali (perpendicolari alla direzione dell’espansione) e connesse strutture tettoniche di sprofondamento note come rift valley; la diminuzione di spessore della litosfera induce la parte sottostante del mantello, l’Astenosfera, a risalire verso la superficie con parziale fusione per decompressione delle rocce che la compongono unitamente a parziale fusione delle rocce della litosfera stessa, investite dal notevole flusso di calore proveniente dal mantello. Il magma così prodotto può ristagnare in camere magmatiche o generare un’attività vulcanica e se il movimento distensivo prosegue nel tempo si arriverà alla lacerazione della litosfera e si evolverà verso la formazione di una dorsale oceanica con produzione di nuova crosta (è il processo, tuttora in corso, che ha portato alla formazione del Mar Rosso). La velocità alla quale i margini di placca divergono nelle dorsali oceaniche (qualche centimetro all’anno) è stato calcolato in seguito ai rilevamenti delle anomalie magnetiche fossili (relative alla posizione dei paleo-poli nelle ere passate) delle rocce al fondo; alla stessa distanza dalla dorsale le rocce delle due placche presentano le stesse anomalie magnetiche fossili, confermando la separazione e l’allontanamento delle placche.
Una placca oceanica durante il suo lento spostamento può collidere con un’altra placca oceanica o una continentale; la placca più densa fra le due oceaniche, o la placca oceanica nel caso l’altra placca sia di tipo continentale, sprofonda al di sotto dell’altra (subduzione). La superficie in subduzione è identificata dal Piano di Benioff, sede di numerosissimi e anche profondi terremoti.
La subduzione di litosfera oceanica provoca nelle rocce della relativa crosta (e nei sedimenti che si sono accumulati su di essa) un metamorfismo dovuto sia alla pressione litostatica (in funzione della profondità dovuta al trascinamento) sia alle forze derivanti dalla collisione fra le placche; queste pressioni provocano tra l’altro il rilascio dell’acqua intrappolata nella crosta oceanica in subduzione che risale verso la litosfera della placca al tetto così da indurre la parziale fusione delle rocce che la compongono; il magma formatosi da questa fusione tenderà a muoversi verso la superficie con conseguente attività eruttiva e formazione di un Arco Vulcanico; se la placca al tetto è di tipo oceanico, la fusione sarà a carico di rocce per lo più basaltiche ed il magma prodotto salirà in superficie formando una catena di isole o Arco Vulcanico Insulare (come le Isole Marianne nell’Oceano Pacifico). Se invece la litosfera della placca superiore è continentale, formata da rocce granitoidi contenenti maggiori quantità di silice, il fuso andrà a raccogliersi in camere magmatiche entro le quali la maggior parte di esso si differenzierà per poi raffreddare in situ formando varie successioni di rocce granitoidi, mentre una parte può eruttare in superficie formando un Arco Vulcanico Continentale (come la Cordigliera andina). Quando tutta la crosta oceanica sarà subdotta si troveranno in collisione le due placche continentali; a causa della minore densità delle rocce superficiali delle due placche continentali, queste resistono allo sprofondamento nel mantello e si accartocciano formando grandi catene montuose (come l’Himalaia, formatasi per lo scontro fra la placca indiana e quella euroasiatica) con importanti sovrascorrimenti e dislocazioni delle masse rocciose superficiali fin anche dalle profondità della crosta terrestre.
Questi margini di placca sono caratterizzati da uno scorrimento orizzontale e parallelo l’uno rispetto all’altro e la maggior parte sono concentrati trasversalmente alle dorsali oceaniche quando queste sono interrotte per via di uno scorrimento non omogeneo di parti di esse (ovvero con velocità diverse); nelle superfici di contatto si possono evidenziare deformazioni (fragili o duttili) indotte dagli sforzi dovuti al reciproco strofinamento e terremoti superficiali; in alcuni casi le irregolarità lungo questi tipi di margini possono creare bacini, ovvero depressioni circoscritte soggette ad un’intensa attività sedimentaria, oppure sovrascorrimenti.
Ci sono aree della superficie terrestre che sono interessate da milioni di anni da attività vulcaniche con fuoriuscita di magma proveniente dalle profondità del mantello e queste aree non si trovano ai margini di placche, come abbiamo visto poco sopra per simili fenomeni, ma internamente ad esse e il fatto che le rende così importanti e particolari è che queste zone sembrano relativamente fisse rispetto al mantello e le placche si muovono sopra di esse. L’area di una placca in movimento al di sopra di un punto caldo vede formarsi un vulcano la cui attività cessa quando l’area interessata esce dal punto caldo; ma un nuovo vulcano è pronto a formarsi nell’area successiva della placca al passaggio sul punto caldo e questo processo in tempi geologici forma una catena di isole, come le Hawaii, in cui i vulcani spenti man mano vengono erosi e rimane in attività l’ultimo a formarsi.