Itinerario nel Monteacuto
Monteacuto: terra di graniti, foreste, acqua e vento
Questo itinerario attraversa una sub-regione della Sardegna, il Monteacuto, che mi pare essere un po’ sottovalutata dal punto di vista turistico nonostante le notevoli bellezze naturali e paesaggistiche, i molti, rilevanti, siti archeologici e le peculiarità storiche e culturali di questo vasto territorio. Alcune di queste bellezze sono toccate in questo percorso.
Qui sotto la mappa dell’itinerario a cui fare riferimento per l’articolo mentre qui i link alle tracce GPS del primo giorno e del secondo giorno (wikiloc)
Tracciato celeste: strada o stradina asfaltata o cementata
Tracciato arancione: pista forestale o strada locale sterrata
Tracciato verde: percorso pedonale
L’itinerario, previsto su due giorni per una percorrenza di 130 km circa, è ideato per essere percorso in auto, con tutta calma, e in abbinamento con brevi escursioni a piedi; si svolge per buona parte nei territori di Buddusò e Alà dei Sardi (con l’attraversamento del vasto parco eolico), in parte minore in quelli di Bitti e Pattada e solo il tratto iniziale in territorio di Oschiri. Sono privilegiati gli sterrati su piste forestali o locali (per 80 km circa) che, sebbene in condizioni decenti almeno in periodi non troppo piovosi, necessitano di un’auto un po’ alta, anche se non necessariamente 4×4; i tratti di mero trasferimento sono stati mantenuti al minimo. Una delle peculiarità sarà il susseguirsi, nel breve tempo o spazio, di luoghi estremamente panoramici (oltre 1.000 mt di quota) intervallati a fitte ed estese foreste demaniali con laghetti e fonti; la visita a siti archeologici di grande valore aggiunge varietà e fascino al contesto già di per se meritevole.
Un altro aspetto di rilievo, per chi fosse appassionato come il sottoscritto, è l’ambito geologico nel quale ci muoveremo, caratterizzato fortemente dagli affioramenti granitici del batolite sardo-corso che imprimono al paesaggio montano un carattere rude ma molto suggestivo.
L’itinerario
Il tragitto del primo giorno si svolge fra le montagne e le foreste del Monte Lerno e di Buddusò e prevede una deviazione per Tandalò, affascinante paesino abbandonato, ma non troppo; il secondo giorno (la cui descrizione in questo articolo prosegue in una seconda pagina linkabile alla fine di questa) prevede un tragitto più articolato che si svolge inizialmente fra le alture di Alà dei Sardi, con escursione al Complesso nuragico di Sos Nurattolos e al passo di Senalonga, prosegue con la discesa a Badde Suelzu e quindi, dopo una trasferta di circa 15 km su statale e provinciali, attraversa le foreste demaniali di Sos Littos – Sas Tumbas e Crastazza – Tepilora, per concludersi al Nuraghe Loelle poco ad est di Buddusò.
Opzionale, ma imperdibile a seconda delle ore di luce, è la visita al vicino Insediamento nuragico Romanzesu (vedi articolo a parte qui).
Parte 1/Giorno1 da Stazione di Oschiri a Santa Reparata (Buddusò)
Da Oschiri a Iscialzos
L’itinerario parte da Oschiri (facilmente raggiungibile con la nuova SS729 Sassari-Olbia) imboccando una stradina locale più o meno asfaltata che parte dalla stazione del paese (quota 230 mt circa) e che con direzione SE attraversa presto il Rio Mannu su ponticello sommergibile in un paesaggio bucolico (foto a sinistra); poco dopo il ponticello l’asfalto passa a sterrato, si prosegue sinuosamente attraverso un paesaggio agro-pastorale fino ad immetterci in una pista forestale che in graduale salita attraversa le propaggini occidentali della Foresta demaniale Su Filigosu.
Lo sterrato è adeguatamente ampio e in buone condizioni, difficilmente potrà presentarsi accidentato a meno di piogge cospicue e concentrate ed eventualmente per tratti brevi, in ogni caso viene mantenuto percorribile dalla Forestale. Il panorama circostante inizia a manifestare i tratti caratteristici dell’itinerario: morbide alture boscose che culminano in ammassi rocciosi rudi e scolpiti.
Durante il tragitto, nei punti più aperti, possiamo ammirare alle nostre spalle (N) la piana tettonica di Chilivani – Berchidda con il Lago Coghinas (foto a destra) e i Monti Limbara; dopo circa 12 km (9 sterrati) dalla stazione raggiungiamo a quota 780 mt la sella ai piedi di Punta Juanne Osile, nel punto d’incontro fra i confini comunali di Oschiri, Pattada e Buddusò; non ci accorgiamo di essere a un valico a causa della vegetazione, ma da qui imbocchiamo una chiara pista a destra che bordeggia una serie di colline permettendoci ancora vedute sulla piana e sul versante settentrionale del Monte Lerno; siamo in territorio di Pattada, nella Foresta di Monte Lerno.
Senza prendere alcuna deviazione, ci ricongiungiamo alla pista principale dopo 5,5 km, abbiamo allungato di 3,5 km rispetto ad andare dritti alla sella, per qualche panorama in più; la pista ha ora direzione S e si snoda nel rimboschimento a pineta, dopo 800 mt raggiungiamo l’area picnic di Iscialzos, piccola radura immersa nella foresta, attrezzata con barbecue in pietra (da utilizzare con coscienza!) e con una piccola fonte che ho trovato attiva anche a fine estate, luogo ideale per uno spuntino!
Da Iscialzos a Monte Lerno
Lasciato Iscialzos, inizia a emergere con evidenza un elemento che farà a lungo parte del paesaggio: il parco eolico di Buddusò – Alà dei Sardi, consistente in una settantina di aerogeneratori alti 100 mt e sparsi su 4.000 ettari , uno dei più grandi d’Europa; non passano certo inosservati, spuntano singolarmente o in gruppi su una cresta o dietro un’altura, frammentando la continuità del paesaggio di cui ormai faranno parte per decenni; c’è da osservare che sebbene fra i vari utilizzi del suolo quello per gli impianti eolici sia fra i più invasivi in termini paesaggistici, almeno il fine di sostenibilità ambientale della produzione elettrica aiuta ad indorare un po’ la pillola..
Proseguiamo nella Foresta di Monte Lerno e dopo 2 km giungiamo in località Sos Vanzos dove effettuiamo una veloce deviazione svoltando a sinistra per raggiungere il vicino laghetto collinare, creato con lo sbarramento del Riu Sos Vanzos tramite terrapieno.
Laghetto e foresta di pini circostante rimandano a un paesaggio d’alta montagna, nonostante ci troviamo ad una quota di 790 mt circa; viene in mente come spesso la morfologia dei rilievi sardi mostri caratteristici paesaggi montani già a partire da quote collinari.
Torniamo sulla pista principale proseguendo in direzione S per nemmeno 600 mt, quando raggiungiamo uno sterrato che parte sulla destra all’altezza di un grosso masso di granito che porta la scritta “Rode”; questo sterrato ci condurrà fino ad una selletta subito sotto e ad est della cima del Monte Lerno che, per essere raggiunta, necessita di percorrere un tratto di 700 mt su uno sterrato che nell’ultima parte risulta parecchio accidentato per la presenza di alcuni massi, pietrame e solchi creati dalla pioggia; è l’unico, breve, tratto dell’itinerario in cui ho inserito il 4×4.
Il Monte Lerno non ha una cima “definita” tale ma una sommità ampia e morfologicamente variegata per la presenza di ammassi granitici disseminati, toccando un’altezza massima di 1.093 mt; per questo motivo, oltre che per la vegetazione e la grande antenna, nel punto in cui siamo non si ha una visione a 360° ma verso i quadranti meridionali la vista è particolarmente ampia e spazia dai Monti del Goceano (SO) al Montalbo (E) e sullo sfondo, con buona visibilità, sul Massiccio del Corrasi e il Gennargentu.
Da Monte Lerno a Tandalò
Siamo di ritorno alla selletta sotto M.te Lerno e da qui proseguiamo in discesa (SE) con belle vedute sul sottostante Lago Lerno e sfondo sui monti del Goceano fra i quali spicca Monte Rasu. Dopo poche centinaia di metri siamo in località Ucca su Furru dov’è posizionata una vedetta antincendio all’altezza della quale la nostra pista sterrata compie il famoso Micky’s Jump, ovvero una mastodontica cunetta che le auto del WRC Sardegna prendono a velocità effettuando un salto molto spettacolare; risulta ad effetto anche effettuato con macchine normali e velocità modeste, per un breve momento oltre il parabrezza si vede solo il cielo ignorando cosa si trovi dietro..!
Proseguiamo sulla nostra pista che dopo 600 mt si immette in un’altra di pari rango e direzione S-N, prendiamo a sinistra direzione N per 1.500 mt giungendo al laghetto collinare Sa Jone che troviamo sulla nostra destra; questo laghetto si trova 700 mt a monte del Sos Vanzos e ne mantiene le stesse peculiarità montane del paesaggio circostante.
Imbocchiamo lo sterrato che vediamo partire a destra e che costeggia la sponda nord del laghetto, proseguiamo nella pineta per un chilometro e varchiamo il confine fra Pattada e Buddusò, facendo ufficialmente ingresso nel territorio dove si sviluppa il parco eolico annunciato dall’enorme aerogeneratore sotto il quale ci troviamo.
La prossima meta è il piccolo borgo abbandonato di Tandalò, che raggiungeremo attraversando questa sorta di altopiano granitico, a quote intorno ai 900 mt, fra tratti in pineta e altri molto panoramici con viste verso la piana di Berchidda e il maestoso Limbara; occorre dare bene un occhio alla mappa a inizio articolo oppure scaricare la traccia GPS (qui quella del giorno 1) perchè l’area è interessata dalla viabilità di servizio al parco eolico alla quale si uniscono vecchie carrarecce pastorali o altre piste forestali (sempre sterrate); il tracciato rimane comunque sempre evidente e le svolte da non mancare (segnate nella mappa con circolino verde) sono 5 inclusa quella per l’ultimo tratto verso Tandalò.
Dopo circa 9 km da Sa Jone giungiamo al bivio per Tandalò che imbocchiamo verso sinistra su uno sterrato, un po’ meno largo e a tratti più sconnesso, che percorre la stretta e sinuosa valle del Rio di Tandalò per due chilometri.
Tandalò
Giungiamo così a un grande spiazzo compreso fra il corso del rio e una serie di alture coperte di boschi, vediamo da una parte la chiesetta di San Giuseppe, spartana in blocchi di granito con la sua piccola colonna bianca con campana e l’altare esterno sotto una tettoia; al centro di questa particolare piazza stanno due enormi lecci, sotto i quali trovano dimora due grandi tavoloni e panche anch’essi in granito.
La bellezza del contesto, la pulizia del grande spiazzo, tutto ha un’aria tutt’altro che abbandonata ma anzi pronta ad accogliere gente per qualche festa. La stessa sensazione si prova salendo appena l’altura opposta alla chiesetta, dove sono le poche case del vecchio borgo, sempre in blocchi di granito, alcune ancora molto in ordine, semplicemente chiuse in attesa del ritorno dei proprietari (foto a destra); fra le poche costruzioni si trovano una bella tettoia con tavolo e un piccolo e grazioso pinnettos con copertura in tegole, molto originale, e a fianco una scultura con attrezzi della vita agro-pastorale.
Tandalò era stato abitato tra la fine del ‘800 fino agli anni ’70 del ‘900 da carbonai e allevatori, in una condizione di isolamento davvero estremo per come erano all’epoca le vie di comunicazione con la lontana Buddusò; alla piccola frazione non mancavano la chiesetta e la scuola elementare ma sarà diventato insostenibile quel tipo di vita così remoto rispetto a una società che aveva iniziato la sua corsa verso la modernità, e quindi piano piano si svuotò della esigua popolazione fino al completo abbandono. Fortunatamente all’abbandono non è seguito il degrado del luogo che ha mantenuto una dignitosità fuori dal comune per un posto che ancora oggi non è così a portata di mano, segno che i vecchi residenti non si sono disamorati di questo luogo incantevole, fuori dal tempo ma non dalla possibilità di essere visitato e di emanare ancora piacevoli sensazioni.
Da Tandalò a Santa Reparata
Dopo la piacevole immersione in questo particolare borgo sperduto, torniamo sui nostri passi ripercorrendo la valle fino al bivio, prendendo ora verso sinistra la pista che, passato un ovile, inizia a risalire la costa di un’altura per portarsi nuovamente su una porzione settentrionale dell’altopiano di Buddusò, a una quota poco inferiore agli 800 mt.
Il paesaggio collinare si fa più rude, il granito emerge in maniera preponderante con le sue mutevoli forme a blocchi, scaglie, ammassi multiformi; la vegetazione è maggiormente degradata, sintomo di un eccessivo utilizzo del suolo nei tempi passati ma anche a causa delle condizioni climatiche particolarmente ventose; non manca una sporadica macchia arbustiva che mitiga lo scenario con quel poco di verde. Disseminate in ogni direzione, una moltitudine di pale eoliche schierate come un esercito a ricevere il vento che risale dalla sottostante piana di Chilivani – Berchidda, oltre la quale ammiriamo ancora i bastioni frastagliati dei monti del Limbara e il paese di Berchidda.
Il nostro percorso percorre una sorta di arco che da un’iniziale direzione NE prende a SE e quindi a S, quando inizia la graduale discesa dall’altopiano di Buddusò; il contesto circostante va a mutare radicalmente con l’uscita dall’area del parco eolico, quando dalla degradata condizione stepposa si passa prima al rimboschimento con pineta e quindi, sotto i 700 mt, ad una più autentica e bellissima sughereta. Siamo al termine dell’itinerario del primo giorno, la previsione è di finire in località Santa Reparata presso un ottimo, omonimo, agriturismo.