La Sardegna ha una storia geologica complessa e molto antica, come testimoniano i vasti affioramenti nei territori del Sulcis e dell’Iglesiente, nel sudovest dell’Isola, le cui successioni risalgono al Cambriano inferiore (oltre 530 MA circa), costituendo così il lembo continentale più vecchio d’Italia.
Secondo una ricostruzione abbastanza condivisa, all’inizio del Paleozoico e fino alle fasi compressive dell’Orogenesi ercinica, nel quadro della collisione fra le mega placche Gondwana e Laurussia che avrebbe portato alla formazione del super continente Pangea, i territori che avrebbero costituito la futura Sardegna facevano parte di un’ampia fascia occupata da numerosi terrani (blocchi crostali) che bordeggiavano il margine settentrionale di Gondwana e conosciuti come Greater Galatian Superterrane.
In quel tempo alcuni dei futuri territori sardi erano fra loro più o meno adiacenti mentre altri erano distanti e posizionati in contesti paleo-geografici e in condizioni geodinamiche molto differenti. A supporto di questa ricostruzione, recenti e approfonditi studi sulle successioni cambro-ordoviciane della Sardegna meridionale (che ancora conservano importanti indizi stratigrafico-strutturali del Paleozoico inferiore che non sono stati, o non del tutto, obliterati dalle deformazioni e dal metamorfismo della fase ercinica) hanno portato alla luce differenze sostanziali fra l’unità tettonica del Sulcis-Iglesiente nel sudovest dell’Isola (Zona Esterna, o avampaese, del Ciclo ercinico) e le unità tettoniche della Sardegna centro-sudorientale (Zona a Falde Esterna, o zona di transizione, del Ciclo ercinico).
Numerose similitudini stratigrafiche fra queste unità tettoniche “sarde” e le successioni di unità tettoniche dell’attuale Europa occidentale, tra le quali i Pirenei orientali e l’Occitania, hanno fornito inoltre ulteriori indizi per tentare di chiarire il contesto paleo-geografico e l’evoluzione geodinamica dei settori del margine settentrionale di Gondwana.
Nel Sulcis-Iglesiente, Sardegna sudoccidentale, la prima successione sedimentaria è del Cambriano inferiore-Ordoviciano inferiore e rispecchia un ambiente di mare epicontinentale su un margine passivo, legato all’apertura dell’Oceano Rehico a nord di Gondwana; questa successione segna il passaggio da una rampa a sedimentazione terrigena (Gruppo di Nebida) ad una di sedimentazione calcareo-dolomitica (Gruppo di Gonnesa) ad una di transizione da calcareo-dolomitica a nuovamente silicoclastica (Gruppo di Iglesias).
L’intera successione è deformata da pieghe legate ad una fase di raccorciamento datata all’Ordoviciano inferiore nota come Fase Sarda e termina bruscamente con una discordanza angolare a livello regionale, la Discordanza Sarda, che corrisponderebbe ad una fase di emersione ed erosione/non deposizione che perdurò per un lasso di tempo di circa 17 milioni di anni, fino all’Ordoviciano medio (inizio del Floiano – base del Sandbiano); questa lunga fase di continentalizzazione ha prodotto un’importante incisione topografica con lo smantellamento erosivo delle sottostanti successioni stimato in circa 1.200 m.
Al di sopra della Discordanza Sarda si sviluppa una successione che evidenzia l’instaurarsi di condizioni ambientali e deposizionali compatibili con l’apertura di un rift continentale non vulcanico; si inizia con una potente successione silicoclastica (circa 600 m di sviluppo massimo) nota come Formazione di Monte Argentu, costituita alla base dai conglomerati matrice-sostenuti storicamente noti come Puddinga, riferibili a depositi di conoide alluvionale e deltizi, mentre verso l’alto evolve in argilliti e siltiti di ambiente tidale e lagunare.
Al di sopra della Formazione di Monte Argentu la successione, riccamente fossilifera, rispecchia ambienti più distali di piattaforma terrigena (Formazioni di Monte Orri e di Portixeddu) per passare verso l’alto a depositi di ambienti glacio-marini datati al Hirnantiano (Ordoviciano finale) che fanno supporre la vicinanza ai territori ghiacciati di Gondwana; si passa infine alle successioni di piattaforma che testimoniano una estesa trasgressione ed un ambiente di margine passivo continentale fra il Siluriano ed il Carbonifero inferiore.
Le unità tettoniche della Zona a Falde Esterna, nella Sardegna centrale e sudorientale, condividono fra loro più o meno la stessa successione stratigrafica per il periodo Cambriano-Carbonifero inferiore, lasciando presagire che fossero in posizioni paleo-geografiche piuttosto contigue; la successione inizia, senza che sia mai esposto il suo limite inferiore, con una potente deposizione silicoclastica del Cambriano medio-Ordoviciano inferiore di almeno 600 m di spessore e nota come Arenarie di San Vito; questa è costituita da un’alternanza di arenarie, siltiti e argilliti con strutture sedimentarie ben conservate e sarebbe correlata ad ambienti deposizionali di piattaforma terrigena che vanno dalla piana di marea a condizioni marine più distali; in nessuna delle unità tettoniche della Zona a Falde sono state individuate deposizioni di piattaforma carbonatica che sono invece presenti nel sud ovest dell’Isola, mentre nella successione stratigrafica tardo cambriana delle Unità di Meana Sardo (Sardegna centrale) e del Sarrabus è stata individuata una suite vulcanica con rocce da intermedie a felsiche, probabilmente legate ad una prima fase del successivo ciclo vulcanico dell’Ordoviciano medio. La successione delle Arenarie di San Vito è soggetta a pieghe che rispecchiano una fase di raccorciamento dell’Ordoviciano inferiore nota come Fase Sarrabese, ed è troncata alla sommità da una netta discordanza angolare, la Discordanza Sarrabese, che corrisponderebbe ad una interruzione di sedimentazione di circa 6 milioni di anni corrispondenti al periodo tra il Floiano medio (Ordoviciano inferiore) e il limite Dapingiano-Darriwilliano (Ordoviciano medio); le unità tettoniche della Zona a Falde Interna (Gennargentu, Barbagia, Ogliastra, Goceano e Nurra) sono caratterizzate da una successione simile a quella della Zona esterna nonostante uno spessore più potente (Filladi del Gennargentu o Postgotlandiano, spessore apparente almeno 2.000 m) ma non vi è stata individuata con certezza la prova di una discontinuità dell’Ordoviciano inferiore.
Al tetto della Discordanza Sarrabese si individua un orizzonte di metaconglomerati alternati a siltiti e argilliti dello spessore di qualche decina di metri (per es. Metaconglomerati di Muravera nella Sardegna sudorientale), sormontati da una spessa successione vulcanica generalmente costituita, dal basso verso l’alto, da lave andesitiche (Formazione di Monte Santa Vittoria), ignimbriti e colate laviche (Porfidi grigi del Sarrabus; Porfiroidi) la cui potenza dei depositi e la tendenza evolutiva delle lave può variare fra le varie unità tettoniche; questi prodotti, completamente assenti nelle successioni della Sardegna sudoccidentale, corrispondono ad un ciclo vulcanico calcalcalino che perdurò per circa 20 milioni di anni, durante i quali proseguirono le fasi evolutive di un arco vulcanico continentale (di tipo andino) in risposta alla subduzione dell’Oceano Rehico al di sotto di Gondwana e dei suoi terrani.
Al di sopra della successione vulcanica si depose una successione sedimentaria continua fino al Carbonifero inferiore che annovera inizialmente i depositi terrigeni corrispondenti alla trasgressione Caradociana dell’Ordoviciano superiore (Katiano, per es. Formazione di Punta Serpeddì nell’unità tettonica del Sarrabus) che testimoniano il passaggio ad ambienti marini progressivamente più profondi. Nella successione tardo ordoviciana, sopratutto della Zona Esterna e in misura minore della Zona interna, sono ospitate rocce vulcaniche riferibili al terzo ed ultimo episodio vulcanico del Paleozoico inferiore i cui prodotti sono basalti intraplacca legati ad una fase distensiva. La successione prosegue con depositi di margine passivo corrispondenti agli Scisti a Graptoliti siluriani e ai Calcari Nodulari devoniani, ricoperti dai depositi clastici del flych ercinico (Formazione di Pala Manna) testimonianti l’erosione delle formazioni rocciose instauratesi nei primi stadi dell’Orogenesi ercinica.
Come emerge dalla descrizione delle successioni del Cambriano-Carbonifere inferiore della Sardegna meridionale, vi sono profonde differenze lito e crono-stratigrafiche nell’evoluzione della successione del blocco crostale del Sulcis-Iglesiente e di quelli dei futuri territori che costituiranno la Zona a Falde erciniche, confermando che nel Paleozoico inferiore questi territori erano localizzati in contesti paleo-geografici distanti e sottoposti a condizioni geodinamiche differenti. Nonostante la fase plicativa pre-ercinica e le discordanze angolari Sarda e Sarrabese siano caratteristiche teoricamente in comune fra le unità tettoniche delle Falde Esterne e quella del Sulcis-Iglesiente, il lasso temporale correlato alla Discordanza Sarrabese è però circa un terzo di quello correlato alla Discordanza Sarda, potendo così escludere che possano riferirsi direttamente ad un medesimo evento geodinamico; inoltre, nell’Ordoviciano medio si sviluppa la potente successione vulcanica calcalcalina nelle Falde esterne che è completamente assente nella Sardegna sud occidentale, segno anche questo di un contesto geodinamico diverso; in ultimo, le correlazioni della paleo-fauna e delle relative associazioni presenti nelle successioni stratigrafiche coeve non hanno evidenziato affinità.
Già nel Devoniano inizia un lungo periodo di avvicinamento fra Gondwana e Laurussia che, insieme ad altre “micro” placche e unità crostali, collideranno nel Carbonifero inferiore in quella che, in Europa, è nota come Orogenesi Ercinica o Varisica; questa mega ristrutturazione tettonica globale porterà alla formazione del super continente Pangea e, in scala molto più piccola, alla definitiva strutturazione anche del basamento della futura Sardegna.
In Sardegna è esposto uno spaccato fra i più completi e meglio preservati della Catena ercinica sudeuropea, potendovisi ancora riconoscere: l’avampaese, o Zona Esterna, nel sudovest (Sulcis-Iglesiente); la zona di transizione nota come Zona a Falde, Esterna e Interna, che si sviluppa a sudest (Sarrabus, Gerrei, Sarcidano, Ogliastra, Salto di Quirra), nel centro (Arburese, Gennargentu, Barbagia, Gocèano) e a nordovest (Nurra); la Zona Assiale nel nordest (Baronie, Gallura) e nel nord dell’Asinara.
A causa delle enormi forze in gioco, la crosta in corrispondenza dell’orogene in formazione e delle sue periferie è soggetta a diversi gradi di metamorfismo che aumenta muovendosi da sudovest verso nordest.
Nel Sulcis e Iglesiente le successioni del Cambriano-Carbonifero inferiore sono soggette a basso o nullo metamorfismo e prevalgono forti deformazioni dovute a pieghe sovrascorrimenti accompagnati da scistosità ben evidente; solo nel Sulcis meridionale è raggiunto un grado metamorfico medio in corrispondenza del duomo metamorfico di Capo Spartivento, associato alla fase di distensione crostale post-orogenica.
La Zona a Falde è composta dall’impilamento di varie unità tettoniche, scollate alla base delle proprie successioni del Paleozoico inferiore dall’inizio della fase compressiva e sovra scorse l’una sull’altra con vergenza sud-sudovest-ovest; il procedere dell’impilamento è accompagnato da un metamorfismo di basso grado (facies degli Scisti verdi) che aumenta leggermente a seconda della profondità dell’unità tettonica raggiungendo la Facies anfibolitica solo nell’Unità di Monte Grighini, la più profonda, poco ad est di Oristano.
Durante l’impilamento di queste Unità le forze compressive hanno generato pieghe a scala pluri-chilometrica con la formazione degli Antiformi del Flumendosa (a sud) e del Gennargentu (a nord) separati dalla Sinforme della Barbagia; durante la fase distensiva, a causa di faglie dirette ai bordi degli anticlinali, le Unità più interne emergono al centro degli antiformi.
La Zona delle Falde Esterna è costituita, a partire dalla più esterna, dalle unità tettoniche del Sarrabus, dell’Arburese, di Meana Sardo, del Gerrei, di Riu Gruppa e di Monte Grighini; le unità tettoniche della Zona delle Falde Interna, rappresentata dalla successione pre-ercinica nota come Postgotlandiano, sono simili a quelle della Zona delle Falde Esterna ma si differenziano a livello stratigrafico per la mancanza delle vulcaniti medio ordoviciane e dei calcari silurano-devoniani, oltre che per l’assenza di fossili, e per una storia deformativa più complessa legata anche ad un metamorfismo leggermente più spinto; le Falde Interne affiorano estesamente al nucleo della Sinforme della Barbagia e nel Gennargentu e quindi nelle Baronie, nel Gocèano e nella Nurra meridionale.
A nord della Zona delle Falde Interne il grado di metamorfismo incrementa in modo deciso con l’avvicinarsi alla zona assiale passando prima ad un medio e poi ad un alto grado.
Si distingue prima un Complesso Metamorfico ercinico prevalentemente in Facies Anfibolitica (Medium Grade Metamorphic Complex, MGMC) i cui affioramenti sono concentrati nelle Baronie, nella Gallura sudoccidentale e nella Nurra e Asinara settentrionali; alcuni ricercatori includono questo complesso nella Zona delle Falde Interne che in maniera complessiva viene indicata col termine Low to Medium Grade Metamorphic Complex (L-MGMC); più a nord (Baronie, Gallura, area più settentrionale dell’Asinara) si identifica il Complesso Migmatitico ercinico (High Grade Metamorphic Complex, HGMC) o Zona assiale, dove sono raggiunti i più elevati gradi metamorfici.
Queste due zone di diverso grado metamorfico sono disposte rispettivamente a sud e a nord rispetto ad un’importante zona di taglio a livello crostale con forte componente transpressiva (lunga circa 150 km per 10-15 km di larghezza) nota come Linea Posada-Asinara, attivatasi al termine della fase compressiva ercinica; le caratteristiche cinematiche della Linea Posada Asinara sono simili ad altre zone di taglio della Catena ercinica sudeuropea il che suggerisce che insieme formassero una rete che ha accomodato i vari blocchi crostali soggetti alla fase finale del Ciclo ercinico.
Analogamente ad altri settori della Catena ercinica europea, al termine della fase collisionale tra il Carbonifero superiore ed il Permiano inferiore si ha il riequilibrio ed il collasso gravitativo del cuneo orogenico appena formato, con l’instaurazione di una fase transtensiva-estensionale con importanti zone di taglio trascorrenti che interessano tutta la catena e tutto lo spessore della crosta, con i seguenti eventi geodinamici da ritenersi anche sovrapposti temporalmente:
– inversione delle strutture compressive con riattivazione dei sovrascorrimenti come faglie o zone di taglio a basso angolo
– esumazione delle metamorfiti di diverse profondità con deformazioni duttili sin-metamorfiche
– messa in posto del batolite granitoide sardo-corso e del connesso complesso filoniano
– vulcanismo calcalcalino
– formazione di bacini molassici continentali, colmati dai sedimenti provenienti dallo smantellamento delle neo formazioni.
Il Complesso plutonico della Sardegna si è impostato in un lasso temporale di circa 40 milioni di anni (320-280 Ma circa, fra il Carbonifero superiore e il Permiano inferiore) e costituisce, con la controparte della Corsica, uno dei batoliti più importanti della Catena ercinica europea con uno sviluppo di 400 km di lunghezza per oltre 50 km di larghezza.
Il batolite sardo è composto in maggioranza da granodioriti, monzograniti, leucograniti e tonaliti che caratterizzano fortemente il paesaggio grazie alla miriadi di forme che le rocce assumono a causa dell’alterazione chimico-fisica e dell’erosione. Gli affioramenti coprono circa un terzo dell’Isola e sono concentrati nella parte mediana centro orientale, dalla Gallura al Monteacuto, Barbagia, Ogliastra e Sarrabus; tuttavia le coperture granitiche si trovano in grandi affioramenti nel Sulcis, nell’Arburese e nella parte meridionale dell’Asinara mentre molto caratteristico è l’Isolotto granitico di Mal di Ventre posizionato 7/8 km al largo della costa occidentale miocenica del Sinis, lontano da ogni altra copertura granitica o anche solo paleozoica.
Coevo all’impostazione del batolite è il complesso di manifestazioni sub-vulcaniche (corpi filoniani distinti in basici e acidi) presente in tutto il basamento sardo; questo rappresenta un’anisotropia molto importante in special modo nel batolite, tanto da costituirne un elemento strutturale che ne condizionerà l’evoluzione tettonica post-ercinica.
Le tettonica distensiva post-collisionale ha inoltre indotto un ciclo vulcanico calcalcalino, sia effusivo che intrusivo; si tratta principalmente di complessi ignimbritici riolitici e riodacitici i cui attuali affioramenti si rinvengono in Ogliastra (Perdasdefogu, Monte Ferru di Tertenia, Porfidi rossi di Arbatax, Baunei, Villagrande Strisaili), nella Barbagia di Seùlo (Monte Perdedu, Punta Alastria) e in misura minore in Gallura sud occidentale (Monte Litticheddu), nelle Baronie (a nord del Monte Tuttavista), nel Sulcis meridionale (entroterra di Capo Teulada) e nella Nurra (Monte Santa Giusta, Lago Baratz).
Parte dei prodotti connessi a questa attività vulcanica si raccolgono in bacini sedimentari intramontani del Carbonifero superiore-Permiano-Triassico inferiore che, in discordanza sul basamento metamorfico, raccolgono anche i materiali dell’alterazione ed erosione delle formazioni erciniche formatesi; si tratta in generale di sedimentazione di ambiente da conoide alluvionale a fluvio-lacustre che conservano fossili di animali e piante del periodo e che affiorano, seppur spesso in maniera limitata, nella Nurra (fra Cala Viola e Porto Ferro la sequenza più completa), nel Gerrei (Escalaplano, Lago Mulargia), nel Salto di Quirra (Perdasdefogu), in Barbagia (Seùi, Seùlo) e, in misura minore, nell’Arburese e nell’Iglesiente. Questi bacini sedimentari sono geodinamicamente collegati al riposizionamento dei diversi blocchi crostali coinvolti durante il ciclo ercinico, in seno alla più ampia tettonica transpressiva/transtensiva relativa al passaggio dalla conformazione Pangea B vs. Pangea A.
Grazie agli studi sul paleomagnetismo in formazioni rocciose del tardo Paleozoico sono state riscontrate significative rotazioni di singoli blocchi crostali della Sardegna del periodo, fatto evidenziato anche dall’attuale disposizione dei corpi filoniani disposti ad arco fra la parte settentrionale e la parte centrale e meridionale dell’Isola.
L’evoluzione geologica della Sardegna (e in generale di tutta l’area circostante) a cavallo fra Paleozoico e Mesozoico è incentrata sulla profonda erosione delle formazioni erciniche in un clima fortemente arido e surriscaldato, a cui corrisponde un territorio di vaste spianate e modesti rilievi, una situazione di penepiano generalizzato (penepiano ercinico) che, localmente e nei territori meno elevati, verrà trasgredito dal mare della Neo-Tetide solo dal Triassico medio.