L’altopiano del Golgo si trova ad una quota poco inferiore ai 400 mt nel centro del Supramonte calcareo-dolomitico di Baunei (noto anche come Supramonte marino); l’altopiano, dalla forma stretta e allungata in direzione circa-meridiana e parallela alla costa, si è formato 2,5 milioni di anni fa in seguito ad una limitata colata basaltica (alcalibasalti, hawaiiti, mugeariti del Ciclo vulcanico plio-pleistocenico) che ha colmato una paleo-valle tettonica sigillando il territorio carsico sottostante (dolomie e calcari della Formazione di Dorgali, Giurassico medio-superiore).
Lo si raggiunge imboccando la strada che dal paese di Baunei, dopo alcuni panoramici tornanti, permette di oltrepassare l’imponente bastione calcareo che delimita a occidente questa parte di Supramonte; si percorre quindi la Bia Maore, stradina asfaltata principale che percorre l’omonima forra fino a raggiungere l’altopiano dopo circa 7 km. Ne attraversiamo l’area meridionale e centrale fra boschetti di lecci, ginepri e olivastri (tra i quali alcuni plurisecolari) oltre i quali si stagliano le tipiche alture calcaree, con altezze fra i 650 e 780 mt, che circondano l’altopiano accompagnandone lo sviluppo verso nord, in direzione della Codula Sisine. Dalla Bia Maore si dipartono alcuni sterrati che la collegano a varie aree dell’altopiano e quindi ad una moltitudine di antichi sentieri pastorali, ai quali si uniscono quelli dei carbonai molto attivi nel 1.800, che si inoltrano nello spettacolare territorio carsico del Supramonte di Baunei e che tra forre, cenge, intricati boschi di ginepro e passaggi più o meno arditi raggiungono punti panoramici mozzafiato e calette meravigliose, come quella di Goloritzè; un territorio molto aspro, da affrontare con cautela, se si è esperti, o meglio se condotti dalle abilissime guide baunesi che non mancheranno di farne apprezzare le meraviglie, in sicurezza.
Nella parte centrale dell’altopiano imbocchiamo sulla destra, ad un bivio ben segnalato, una sterrata che conduce alla rilevanza naturalistica più importante del luogo: Su Sterru o Voragine del Golgo; si raggiunge velocemente uno spiazzo in località As Piscinas dove si parcheggia (lo sterrato prosegue per il parcheggio da cui si imbocca il sentiero per Cala Goloritzè) e continuiamo a piedi attraversando un bosco fiabesco di olivastri, all’ombra dei quali vi sono alcune grandi vasche (piscinas o paùles) scavate nel basalto dall’erosione e che solitamente conservano l’acqua piovana tutto l’anno; probabilmente, come farebbero supporre i numerosi massi attorno alle pozze, queste vasche naturali furono ulteriormente adattate dalle popolazioni nuragiche o pre-nuragiche, che certamente frequentavano il luogo come testimoniano vari nuraghe nella zona, in funzione di avere una riserva idrica anche nei mesi estivi, cosa di fondamentale importanza in un territorio carsico drasticamente carente di acqua in superficie.
Attraversata l’area delle vasche, dopo poche decine di metri vediamo sulla sinistra un grosso masso con incisa l’indicazione per Su Sterru; percorriamo un breve sentiero fra gli alberi, la vegetazione circostante è molto fitta tanto che si arriva in prossimità della Voragine all’improvviso, così per il rischio di incauti avvicinamenti (anche degli animali che vivono nell’altopiano allo stato brado) l’area è stata recintata. La vista del grande sifone che sprofonda fra gli alberi a pochi passi da noi, come un abisso misterioso, non può che far provare forti emozioni (la foto a sinistra dovrebbe essere eloquente); esiste la leggenda secondo la quale San Pietro, a cui è dedicata la chiesetta campestre poco a nord, sconfisse l’orribile drago “Su Scultoni” afferrandolo per la coda e sbattendolo a terra così violentemente da creare Su Sterru e facendolo qui precipitare.
Questo spettacolare monumento naturale era un tempo chiamato Cratere vecchio, ipotizzando fosse la bocca del vulcano da cui defluì la lava che ricopre l’altopiano; in realtà è un inghiottitoio di origine carsica venuto a giorno dopo il crollo dello strato basaltico che lo ricopriva, non più sorretto dalla sottostante roccia dissoluta; la lava costituisce infatti il primo strato di circa 25 mt di spessore dopo i quali il sifone attraversa i calcari e le dolomie della Fm. di Dorgali. L’inghiottitoio mantiene un’ampiezza di circa 25 mt che diventano 40 mt nella camera alla base il cui fondo è a 270 mt dalla superficie, il che ne fa il più profondo inghiottitoio a campata singola d’Europa. Il tipico microclima della Voragine ha permesso a pochissime specie vegetali e animali, come il Geotritone Sardo, di poterne abitare le pareti.
Tornati sulla Bia Maore proseguiamo verso l’area settentrionale dell’altopiano, caratterizzata da vasti spazi aperti dove il bruno del suolo lavico contrasta col bianco dei calcari delle alture circostanti e dove anticamente doveva essere concentrata l’attività agro-pastorale, tuttora pascolano in libertà capre, maiali, mucche e asini, e vi sono due pozzi in pietre basaltiche che captano probabilmente una vena al contatto coi calcari, certamente nota fin dall’antichità.
Nei pressi vi sono un maneggio e piccole attività turistico-ricettive presso le quali è possibile soggiornare ed immergersi completamente nel Supramonte baunese così selvaggio e ricco di opere naturali spettacolari.
Inoltre, un fascino del tutto particolare è legato alla chiesetta campestre di San Pietro in Golgo (qui un articolo che ne parla), eretta nel XVII secolo circa grazie al contributo dei pastori che, non potendo allontanarsi dall’altopiano per recarsi in Paese, potevano così non rinunciare alle funzioni religiose. Caratterizzata da una facciata bianca squadrata e minimale, in armonioso contrasto col paesaggio circostante, la chiesetta è circondata da un alto muro a secco e da alcune piccole costruzioni, le “cumbessias”, che ospitavano i fedeli durante le giornate di commemorazione del Santo; davanti al cancello d’ingresso all’area della chiesa è posizionato un pregiatissimo betilo antropomorfo di epoca nuragica e nei pressi vi vegetano alcuni olivastri secolari.