Parte 2/Giorno2 da Santa Reparata a Nuraghe Loelle
Da Santa Reparata a Sos Nurattolos
Da Santa Reparata seguiamo la SS389 fino ad Alà dei Sardi, quindi dal centro del paese imbocchiamo a sinistra via Cagliari (c’è l’indicazione per Sos Nurattolos) e quindi ancora a sinistra via San Francesco, portandoci fuori dal paese in direzione NO.
La stradina asfaltata sale a quote prossime ai 900 mt giungendo nell’area del parco eolico di Alà dei Sardi, in un contesto simile a quello lasciato ieri nell’altopiano di Buddusò; dopo 4,5 km dal paese siamo al bivio per l’Insediamento nuragico Sos Nurattolos (segnalato), prima meta della giornata.
Percorriamo per 2,5 km la stradina cementata verso le pendici sud occidentali del grande complesso granitico che culmina con Punta Senalonga e parcheggiamo nei pressi del piccolo caseggiato segnato nelle mappe come Rifugio Columbos (quota 880 mt), qualcosa fra una foresteria ed un punto informazioni, comunque non presidiato; dall’angolo NE della casupola parte il sentiero per Sos Nurattolos e il passo di Senalonga.
Insediamento nuragico Sos Nurattolos e Passo Senalonga
Imbocchiamo il sentiero in salita in un suggestivo contesto naturalistico e paesaggistico; la copertura arbustiva, a tratti rada, è composta principalmente da erica e corbezzolo che formano boschetti che risalgono verso le rudi cime frastagliate. Ma è il granito che segna decisamente il paesaggio con una moltitudine di forme che sembrano sculture in un museo a cielo aperto ed infatti per gli appassionati di geologia è un contesto molto stimolante; i graniti fanno parte del maestoso batolite sardo-corso impostatosi al termine del Paleozoico (300-250 MA dal presente) e che qui come in Gallura affiora estesamente in tutta la sua potenza, creando i tipici paesaggi primordiali.
In 400 mt il sentiero copre un dislivello di un’ottantina di metri giungendo alla parte più bassa dell’insediamento nuragico di Sos Nurattolos (i recinti, in sardo); come testimoniano gli edifici che ne fanno parte, l’insediamento aveva certamente una vocazione religioso-spirituale alla quale conseguiva l’essere anche punto di ritrovo sociale, per indire riunioni e dirimere controversie, foss’anche commerciare.
Il primo edificio che raggiungiamo è la bellissima fonte nuragica, racchiusa da un piccolo edificio megalitico che un tempo probabilmente aveva una copertura lignea e tutta l’area sacra delimitata a sua volta da un basso recinto in ciottoli, con gradini d’accesso dall’esterno.
L’acqua, evidentemente il bene vitale più prezioso e fra i primi importanti simboli spirituali e religiosi, è sempre presente nella piccola nicchia che custodisce la fonte, ne ho travata in piena estate.
Salendo qualche decina di metri oltre e appena sopra la Fonte eccoci alla seconda costruzione megalitica, splendidamente incorniciata dalla scultorea Punta Nurattolu alle sue spalle, completamente integrata nel contesto naturale in cui fu eretta 3.500 fa.
L’edificio è una grande capanna circolare del diametro di 8,4 mt alla quale si accede tramite un vestibolo con ingresso a gradini orientato SSE; l’ingresso della capanna, anch’esso in direzione SSE, è sormontato da un bellissimo architrave e provvisto di un paio di gradini; un tempo un bassa seduta in pietre sbozzate (ad ora quasi del tutto assente) correva lungo il muro interno come si usava nelle capanne delle riunioni e la copertura lignea era tipicamente composta da travi e fascine. Dall’interno della capanna, guardando oltre l’ingresso, l’attuale paese di Alà dei Sardi risulta perfettamente inscritto nel portale, chissà forse una coincidenza..
Terminato di ammirare la splendida costruzione megalitica, riprendiamo il sentiero in salita per un centinaio di metri verso il prossimo edificio; intanto abbiamo modo di focalizzarci sul paesaggio circostante, alle nostre spalle un panorama ampissimo su tutto l’orizzonte fra est e ovest passando per sud che avremo modo di gode maggiormente quando saremo al passo di Senalonga; penso sia significativo che i nuragici abbiano scelto di insediare proprio qui un luogo sacro e di culto, potenzialmente visibile da un territorio vastissimo, e anche che vi passi il sentiero che stiamo percorrendo e che probabilmente era percorso già allora da parte delle Genti che si spostavano dall’altopiano a sud verso i territori settentrionali, attraversando il passo di Senalonga oltre il quale si apre la profonda valle di Badde Suelzu; non a caso anche il Sentiero Sardegna, parte del Sentiero Italia, passa da qui.
Giungiamo a quota mille metri quando sulla sinistra, ai piedi della grande altura granitica di P.ta Nurattolu, vediamo quello che era il fulcro del luogo sacro nuragico, il tipico tempio a Megaron; rispetto ad altri che mi è capitato di visitare, questo di Sos Nurattolos mantiene integri ben due metri d’altezza di mura perimetrali, sopra le quali possiamo immaginare ci fosse una copertura lignea forse a doppio spiovente; l’ingresso con architrave è posizionato in direzione ESE e permette l’accesso alla piccola camera interna che in alcuni punti mi è sembrata lastricata con pietre piatte. Addossata al tempio sta una capanna circolare di circa 5 mt di diametro che doveva avere una funzione di servizio al tempio, probabilmente il funzionario religioso riceveva i fedeli oppure era l’anticamera dei fedeli prima di accedere al tempio.
La prossima meta, il passo di Senalonga, è a breve distanza e poco sopra di noi; lungo il cammino incontriamo l’ultimo edificio nuragico portato alla luce successivamente rispetto alle altre costruzioni, ovvero una grande capanna circolare della quale non rimane purtroppo molto ma ci conferma come il sito necessitasse di ambienti ampi per ricevere le Genti che frequentavano il luogo sacro.
Il passo di Senalonga, poco a NO dell’omonima Punta, è un luogo suggestivo e caratteristico, a partire dalla morfologia simile a un corridoio racchiuso fra le coste rocciose di P.ta Nurattolu e del versante occidentale di P.ta Senalonga; il boschetto di erica che abbiamo costeggiato fin da quote più basse, attraversa il passo come un fiume stretto in un canale, con un affascinante contrasto di forme e colori con i graniti biancastri circostanti. Inoltre, la quota di mille e poco più metri ci permette una vista ampia e profonda sui territori ai lati del valico, così diversi fra loro: la piana di Alà dei Sardi e Buddusò, a quote medie di 650 mt, a sud; il vasto altopiano granitico, intensamente corrugato e solcato da valli più o meno profonde, con altezze fino 8/900 mt, a nord.
Ripercorrendo il tragitto a ritroso verso Sos Columbos, ripassiamo in rassegna quanto visto a Sos Nurattolos da un punto di vista diverso, come sempre accade quando si invertono i percorsi si notano le cose sotto una luce nuova, cambiano i colori, le prospettive, gli sfondi e la consapevolezza del luogo è differente.
Da Sos Nurattolos A Badde Suelzu
Tornati al bivio per Sos Nurattolos giriamo a destra in direzione N e attraversiamo, su strada cementata o sterrata a seconda dei tratti, il lembo orientale del Parco eolico in leggera salita, fino alla sella ai piedi di Punta Giommaria Cocco dove è posizionato l’aerogeneratore più settentrionale del vasto complesso eolico che attraversiamo da ieri.
Siamo poco sopra i 1.000 mt e davanti ci si spalanca una vista eccezionale sulle valli sottostanti e sulla Gallura sud orientale, riuscendo a spingere lo sguardo fino alla costa di Olbia e l’Isola Tavolara; seguirà una discesa di un paio di chilometri su una sinuosa strada cementata fra alture cacuminate con altre viste suggestive, fino a inserirci nello sterrato che arriva da Bolostiu e prosegue in direzione sud verso Badde Suelzu, prossima meta.
Lo sterrato, sufficientemente largo e in condizioni abbastanza buone, prosegue in penepiano fra la vegetazione abbondante di corbezzoli fino a un valico (quota 740 mt); inizia quindi la discesa nella lunga e boscosa valle di Badde Suelzu, lo sterrato con una serie di tornanti (i più stretti cementati) ci inserisce velocemente a mezza costa e da qui abbiamo una bella vista sulla parte alta della valle, che si origina nel versante nord di Punta Senalonga, e sulla parte bassa dove scorgiamo il piccolo borgo di Badde Suelzu e vediamo proseguire la valle dritta in direzione NE.
Arriviamo al ponticello sul Riu Badde Suelzu (quota 560 mt) e in poche centinaia di metri siamo al piccolo borgo, composto da poche case e credo ancor meno residenti; varrebbe la pena farsi un giro a piedi verso la piccola chiesa di San Giuseppe, cosa che non ho fatto per via di un paio di cani che sembravano suggerirmi di evitare..
La strada intanto diventa asfaltata e percorriamo la valle che man mano si allarga passando dal bosco a un paesaggio agro-pastorale con sugherete che un tempo dovevano essere in numero molto maggiore visto il nome della valle (suelzu, suergiu = quercia da sughero); dopo 4,7 km ci immettiamo nella SS389 svoltando a destra e ci dirigiamo verso la Foresta Sos Littos – Sas Tumbas che raggiungiamo in circa 15 km di trasferimento (vedi la mappa per le deviazioni dalla SS389).
Da Foresta Sos Littos – Sas Tumbas a Caserma forestale Crastazza
Entriamo nel complesso forestale di Sos Littos – Sas Tumbas (i sassi e le tombe) imboccando la pista forestale che lasceremo solo fra una trentina di chilometri presso Nuraghe Loelle, termine dell’itinerario.
La prima parte di sterrato ci porterà a scendere fino al greto del Rio S’Aragone, nome preso dal Rio Altana dopo la confluenza col Riu Bolloro; il Rio Altana è uno dei maggiori affluenti del Rio Posada e drena le acque di un vasto territorio nella sua lunga e accidentata gola le cui caratteristiche sono ricalcate in quella del Rio S’Aragone.
Dai primi tornanti abbiamo una bellissima vista sulla gola del Rio Altana nell’ultimo tratto prima di volgersi verso est e diventare Rio S’Aragone; la stretta gola si apre su versanti ricoperti da una foresta rigogliosa che come vedremo da qui in avanti è estesissima e di notevole bellezza.
La pista forestale segue una discesa graduale sul versante sinistro della valle del Rio S’Aragone, permettendoci di vederne lo sviluppo verso est dove vediamo solitario il bellissimo Monte Tepilora mentre una paio di tornanti ci conducono infine al greto del torrente presso il ponte cementato sommergibile.
Il letto del Rio S’Aragone è molto suggestivo, fra massi enormi e lisci si aprono delle belle piscine con piccole spiaggette circondate dalla vegetazione, ma si intende subito la forza che possono avere le acque del torrente nei periodi di piena (quando l’attraversamento del ponte cementato non è garantito) vedendo le grandi rocce spostate dall’irruenza della corrente ed il ponticello distrutto poco a monte dell’attuale.
Passato il Rio S’Aragone entriamo in territorio di Bitti dal quale usciremo solo nel tratto finale nei pressi del Nuraghe Loelle, tornando in territorio di Buddusò.
Passato il ponte cementato, saliamo appena per proseguire verso la vicina Caserma forestale Gianni Struppa, solitamente presidiata e punto per richiedere eventualmente informazioni sulla sentieristica e le varie attrattive locali. Il nome della foresta che attraversiamo è Sos Littos – Sas Tumbas, ovvero i sassi e le tombe, ma evidentemente almeno presso la caserma si è voluta dimenticare in maniera scaramantica la seconda parte del nome, come dimostra l’insegna all’ingresso.
Lasciata la Caserma, dopo qualche decina di metri giungiamo ad un bivio (quota 300 mt) che a sinistra segue il Rio S’Aragone in direzione del Monte Tepilora mentre a destra, direzione che prendiamo, sale a Monte Prammas e alla relativa vedetta antincendio; la pista, in buone condizioni, sale 200 mt di quota in un paio di chilometri fino a un pianoro dove è sito un laghetto collinare che si affaccia sulla sottostante valle; 700 mt dopo il laghetto imbocchiamo sulla destra la deviazione per M.te Prammas e raggiungiamo la vedetta antincendio, luogo panoramico eccezionale.
Eccoci in cima a Monte Prammas, 644 mt slm, punto più alto di una serra delimitata dal Rio Altana ad ovest, il Rio S’Aragone a nord e Badde ‘e Deremita a sud, e come detto punto panoramico spettacolare sul territorio circostante in cui risalta la grandezza dell’insieme delle numerose foreste demaniali, un vero polmone verde nell’area nord orientale dell’Isola. Anche i dettagli in questa vista maestosa sono ricchi d’interesse, specialmente se si possiede un binocolo o uno zoom per la macchina fotografica.
Scendiamo da M.te Prammas, riprendiamo la pista forestale svoltando a destra e proseguiamo 1 km in penepiano sulla cresta di M.te Longu, quindi un paio di tornanti in discesa fino a Janna de Tandaule (quota 472 mt) che divide la gola del Rio Altana ad O da Badde ‘e Deremita a E; dal passo proseguiamo sulla stessa pista che ora sale in maniera decisa e, vista la forte pendenza, diventa cementata dopo 100 mt; con una serie di tornanti, ai quali ci fermeremo per ammirare il panorama circostante, superiamo 200 mt di quota fino a raggiungere un pianoro in località Su Semperviu (quota 680 mt) in corrispondenza del confine tra le foreste di Sos Littos – Sas Tumbas e Crastazza.
Entriamo così nell’ultima grande foresta dell’itinerario, Crastazza, sempre su pista forestale che scorre in una bellissima pineta di rimboschimento che però quasi sempre impedisce una chiara visione del contesto circostante; nella Foresta Crastazza ci sono vari sentieri e deviazioni su altre piste forestali, quindi suggerisco di visionare bene la mappa inizio pagina e/o scaricare la traccia GPS del secondo giorno qui (link a Wikiloc); il percorso che ho scelto è quello che giunge alla Caserma forestale Crastazza e quindi prosegue per Nuraghe Loelle, ma sarebbe possibile, imboccando una delle prime deviazioni a destra, passare a nord della Caserma e ricongiungersi con lo sterrato per Loelle più avanti.
Dopo circa 8 km di piacevole percorso in pineta giungiamo alla Caserma forestale Crastazza, sempre presidiata, oltre il cancello della quale prendiamo a destra sempre su pista forestale (direzione SO); lo sterrato bordeggia il limite SO di Foresta Crastazza in un contesto sempre più ampio man mano che usciamo dalla grande pineta; a sud di Punta Pianedda, nell’area (vedi mappa) dove passa il nostro percorso, si stima abbia origine il Fiume Tirso ma non si sa se quest’area ricada nel comune di Bitti o Buddusò il cui confine è proprio sulla pista forestale che stiamo percorrendo; gli ultimi 4 km circa di sterrato per Nuraghe Loelle attraversano un bosco di sughere molto suggestivo e quasi fiabesco (Foresta Loelle), lo sterrato termina immettendosi nella SS389 proprio in corrispondenza del Nuraghe.
Nuraghe Loelle
Meta finale dell’itinerario di due giorni, Nuraghe Loelle è circondato da un bellissimo bosco di sughere di cui abbiamo avuto un assaggio per pochi chilometri prima di arrivare qui.
Il Nuraghe è formato da un bastione trilobato e da una torre centrale ed è stato costruito in blocchi di granito locale ben sbozzati e ben allineati in filari; la vista frontale ci presenta però un nuraghe dall’aspetto meno usuale in quanto la torre centrale è attualmente poco percepibile rispetto a come doveva essere un tempo, mentre a risaltare è l’ampio bastione trilobato; si consideri che l’intera struttura presenta un nucleo originario con caratteristiche della tipologia di nuraghe a corridoio e sovrastrutture successive con caratteristiche della tipologia a tholos, segno che l’opera finale è frutto di un riadattamento su un lungo periodo di tempo; l’addizione di sovrastrutture al nucleo originario è stata facilitata dal fatto che il Nuraghe è stato eretto fin da subito addossato a preesistenti, grandi blocchi granitici (simili a quelli visibili sulla destra nella foto sopra) che ne rinsaldano e completano la struttura in special modo nella parte posteriore.
Nella parte frontale del bastione è posizionato l’ingresso (rivolto a SSE), sormontato da un grosso architrave spezzato in due, che immette in un corridoio con una grande nicchia sulla destra, sede probabilmente del simulacro di uno degli dei venerati nel sito; al termine del breve corridoio, una scala “elicoidale” ricavata nel lobo frontale destro conduce al terrazzamento sopra al bastione, un tempo probabilmente coperto e quindi con funzione di corridoio di passaggio verso le altre aree.
Infatti subito a destra parte una seconda scala (i cui gradini sono il soffitto del corridoio d’ingresso a livello terra) che raggiunge il secondo livello superiore dove è stata eretta la torre; questa non è, come solitamente accade, un elemento a se stante di grand dimensioni (mastio) al quale eventualmente si addossano altre strutture come il bastione, ma è stata eretta, in taglia minore, direttamente sui grandi roccioni affioranti che fanno parte della struttura sottostante; la torre purtroppo la torre risulta diroccata superiormente e rimane solo una parte della struttura con due ambienti.
A questo livello sono presenti dei terrazzamenti (probabilmente una volta coperti, almeno parzialmente) dai quali possiamo perdere la vista sulla grande sughereta di Foresta Loelle e verso nord la serie di alture di Buddusò e Alà dei Sardi.
Tornati al corridoio del livello inferiore entriamo nel bell’ingresso con architrave accedendo al vano posto nel lobo frontale sinistro, dal quale parte una lunga e stretta scala in discesa verso un altro vano ricavato nelle mura, stretto e alto con parziale copertura a tholos.
Torniamo all’esterno del Nuraghe per portarci nella parte posteriore dove possiamo vedere il fondamentale supporto e l’integrazione nella struttura dell’affioramento granitico sul quale è stato eretto il Nuraghe; dal retro, passando sul fianco destro (E), scopriamo una peculiarità del Loelle, ovvero un piccolo vano ricavato sotto il piano di calpestio del Nuraghe al quale si accede tramite un piccolo ingresso.
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